28 aprile 2006

A piedi nudi


di Tom Mayes



Decidere di togliersi le scarpe non è facile. La pioggia, rapida e improvvisa, dà la certezza di lasciare l’ultimo tepore di un riparo.

A piedi nudi, sotto i cornicioni, rimane appena asciutto. Si rasenta il muro. L’acqua limita lo spazio disponibile a proteggere.

Anche strisciando, fino a schiacciarsi, e con ostinazione se si oppone qualcun’altro.

Si commiserano fuori, nelle scarpe strette, i barricati nei confini a non bagnarsi troppo. Ad aprire quando serve, l’ombrello della fuga o del rifugio.

Diverte la strada larga, la carambola di gente. La fiumana conservata dentro i mocassini o sopra i tacchi semibassi, in sicura processione.

Ma nient’altro.

L’angusto margine, invece, accoglie il contatto gelido dell’acqua, mette le scarpe ad una ragionevole distanza, e molto più in là.

Dove l’erba è alta.

Quando la terra frana, e la pelle si ritrova rosa in mezzo al fango.

Letteralmente, a piedi nudi, è toccare il mondo.




(A M.)