ANGOLO
C’è una strada imprevedibile dietro qualche angolo impreciso che porta all’oltre e segue svelta il buio, perché dove la luna è assente veste sempre il lutto, il lutto d’una notte interminabile senza la luce delle stelle, giacché è il momento definito in cui i sogni d’un bambino muoiono atterriti e mutano in illusioni dominanti.
Sconfina l’oscurità - nei giochi - e penetra i balocchi come polvere d’antrace l’epidermide, finché il cuore e poi la mente iniziano a tremare, mentre frana l’innocenza, cominciano a tramare il filo invisibile d’una tela resistente, al freddo dell’ignoto, che imbriglia la voce nel silenzio e preme, pungente, sulla pelle immacolata e imberbe, con raffiche feroci come un folle vento.
Inavvertibile il primo bivio sul cammino, nemmeno lo squittire impercettibile dei sensi fino allo svoltare dell’angolo, acuto ed iniziatico. Figuriamoci poi se esiste la perfezione falsa e inesistente d’un qualche cerchio, sferzato al centro da una lunga striscia proibitiva, di divieto, e lampeggiante in bella mostra per avvertimento; solo un crocicchio anonimo tra le tante vie del mondo.
A meno che per coincidenza, magari, una bolla di stupore lì vicino scoppi, come per miracolo, al momento giusto, e lo spostamento d’aria recuperi pensieri e passi, trattenendo per la curiosità morbosa in bilico allo spigolo e, invitando al nuovo fatto, allontani dal passaggio ambiguo dentro il dubbio, dal lato oscuro della vita al suo sviluppo. Allontani sì, ma fino a quando?
Quante altre brecce a strapiombo allargherà l’istinto? Inspiegabilmente indirizzato dove la notte schiaccia il giorno, ed ogni luce muore sotto l’egida spietata del nero buio. Sarà il richiamo del subconscio, che col tempo imparerà a squillare nitido e agghiacciante, risuonerà come un grido dentro il sonno, tuonerà anche in pieno sole equatoriale. L’autocontrollo riuscirà al principio ad innalzare i pali convenzionali del rifiuto, ma poi vi danzerà festante intorno appendendo l’intero mondo al chiodo; in origine costruirà fitte gabbie impenetrabili in cui rinchiudere se stesso, ma finirà per dilatare con orgoglio ogni spazio tra le sbarre all’infinito: sulle fondamenta d’un labirintico delirio crescerà lo spazio aperto dell’essere se stessi, finalmente liberi. Vigile sarà il controllo, mai pigro, non lascerà che la fredda pioggia infuri alla finestra, con forza contro i vetri fragili dell’esistenza, finché non si infrangano nel vuoto. No! Il dominio di sé sarà l’equilibrio a cui sempre tenderà l’arco del tempo, e poggerà sulla consapevolezza - placida - dell’opposto degli impulsi, del crogiolarsi al centro del proprio crocevia.
L’angolo ha infine spalancato se stesso, ora spacca e tiene unito come un orizzonte.
Perché l’inverso di specchio è ombra immancabile alla punta dei piedi.
(A Michael)