09 dicembre 2007

Riccardo


di Robert Laliberté


Quando finalmente arrivi, sono seduta davanti a un amico di Alex, Riccardo, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi bellissimi, sta cercando di convincermi ad andare in una camera al piano di sopra. Mi sussurra cosa gli piacerebbe fare in una notte piovosa come quella, me ne sto a sentire immaginando la sua bocca mentre prende il tuo uccello fra le labbra.

Quando nel grande specchio dietro il bar ti vedo, insieme ad Alex, ti sto pensando così intensamente che un velo di appiccicaticcio già mi bagna le cosce.

Riccardo vedendomi allontanare dalla conversazione, quando siete già a metà della sala, si costringe a spostare gli occhi per guardare la vostra immagine riflessa. Siete come una calamita, uomini e donne vi seguono con gli occhi, la sensazione è elettrica.

Il tuo volto è perfettamente delineato dal vetro, i tuoi occhi mi fissano e Alex mi sfida a non sorridere. Per qualche momento ci guardiamo e basta, finché non mi arrendo e il mio collo si volta per darvi il benvenuto e fare le presentazioni di rito.

«Ciao», sussurri, il tuo fiato è caldo sulla mia spalla nuda, la tua voce è dolce. Ti sento quando ti fermi dietro di me, sento la tua mano scivolarmi alla vita mentre ti fai più vicino. Una fragranza leggera si mescola a un odore d’acqua di mare, un profumo di donna rimane immobile a mezz’aria lasciandomi una domanda – una donna, quale? – e il desiderio è già quasi insopportabile. Mi appoggio a Te, con la schiena contro il tuo petto, e ti osservo di nuovo nello specchio. Indossi una camicia bianca, minuscoli gemelli, e i capelli sono corti, un ricciolo ribelle ti ricade sulla fronte sopra l’occhio destro.

La sala è piena di gente, davanti vedo Riccardo, da un lato Alex. L’idea di noi insieme che passiamo al livello superiore mi fa sorridere.

«Ci accomodiamo», dici rivolto al ragazzo, «c’è un po’ di casino, ma abbiamo un tavolo dove potremo stare».

Riccardo è in imbarazzo, lui è venuto da Te, ha voluto incontrarti, ma le sue dita corrono troppo velocemente lungo il bicchiere, è chiaro che ti trova intrigante.

Ci facciamo strada nel labirinto dei tavoli e ordiniamo i drink, Riccardo chiede il suo terzo mojito. «Mai masticata a lungo la menta?», dici molto lentamente prendendo un tralcio da ogni bicchiere e portandolo alle labbra del ragazzo. «L’azione del freddo invoglia a desideri più carnali».

Riccardo scoppia in un mare di risate, «avanti», dici aspro, le tue labbra si arricciano.

Riccardo ti appoggia una mano sul braccio, le unghie laccate rosa pallido si fermano delicatamente sulla tua pelle in un tentativo di protesta. «No», risponde timidamente. Sorridi beffardo, insisti, tieni fermo il gruppo di foglie di fronte alla sua bocca e lo guardi negli occhi.

Riccardo fissa inebetito, quello che gli inizia a scorrere nelle vene è troppo meccanico per essere arrestato, guarda la tua mano e si sente intrappolato, ma è soprattutto la tua ostinazione a piacergli.

«Che ne dici, Ricky?» chiede Alex con una voce che è appena un sussurro, «poi potremo portare il nostro culo al piano di sopra». In risposta Ricky abbassa lo sguardo, ha la mia stessa aria ogni volta che mi fai capire come può essere l’amore.

Si sente a disagio, stupido, ma dopo un paio di secondi le sue labbra si aprono leggermente e gli metti in bocca il fastello di foglie, osservandolo mentre l’amaro della polpa gli ricopre la lingua.

«Senza fretta, ragazzo, succhia», dici ancora lentamente come se lui non parlasse la tua stessa lingua. La sua gola si solleva mentre ingoia, tu sorridi, Riccardo non spiega perché ha bisogno di questa parte, ma in qualche modo si calma. Comincia a fidarsi, si riappoggia allo schienale e dice, «ehi, è strano».

«Strano, come? » dice Alex.

«La lingua è vigorosa…», una risatina schizza sarcastica nell’aria. Lo guardo, ha gli zigomi sporgenti, le labbra increspate, ascolta e morde l’interno delle guance, alternativamente, prima l’una e poi l’altra. Il suo sangue sta girando vorticosamente, sempre più veloce.

«Si va? » fa guardandoci a turno. Deglutisce.

Alex si alza, «andiamo.» «Non hai tutta la notte, vero, Ricky? »

Riccardo butta giù un paio di sorsate di rhum e poi si solleva dalla poltrona come se stesse emergendo da una piscina, fa un cenno verso di noi e mi sorprende. Lascia che la lingua gli esca di bocca, le sue labbra restano socchiuse, la sua lingua spinge con forza. Si massaggia l’inguine e parla rivolgendosi a Te, «mi hanno detto che sei un tipo alquanto esigente». Lo vedo tremare un poco, io ho un lunghissimo brivido, sento la testa vuotarsi. Tu ridi di gusto.

Il mio orecchio interno si tende, l’autodisciplina dissimula la mia attesa. Sembra passare tantissimo tempo, Riccardo continua a tirare dentro e fuori la lingua, si allarga la bocca con l’indice e il medio, comincia a carezzarsi l’interno mentre la saliva cola giù per la mano.

«Dillo…», fai tu, sarcastico. «Cosa vuoi? »

La mia testa gira. Alex ripete il gesto della mano e della guancia, bisbiglia a Riccardo qualcosa del tipo «reggerai, eh? »

La testa di Riccardo scatta d’assenso, «perché tu» ti indica, «ci stai attento, giusto?» La voce gli esce acuta.

Ti alzi e gli afferri il viso tra le mani, sussurri a mezza voce, «ci sto attento, tranquillo». «Allora? Cosa vuoi?»

Il suo labbro inferiore inizia a tremare, «certo» dice, allunga una mano verso le dita che gli stringono il viso, «ecco…vorrei, mi piacerebbe…aiutami», mormora.

«Sei un bambino cattivo, non è così?» dici sopra di lui, schiacciandogli la testa contro il corpo di Alex. «Sei una troietta vanitosa, una troietta cattiva e perversa, non è vero? ». «Per favore…», Ricky geme. Lo vedo sciogliersi. Io ho i crampi .

«Per favore, cosa?» affondi di più la mano sulla sua faccia, schiacci il mento, la pressione insopportabile gli fa spalancare la bocca. «Dimmi», dici paziente.

«Puniscimi», Ricky biascica, «fino a che imparo…». Sta davvero tremando.

«Hai una gran bella faccia ragazzino, una gran bella faccia da troia», sibili, irrompendo con il dito nella sua bocca.

«Sì, sì, così». Ricky rantola, a me è come se uno spasmo bollente e ghiacciato mi scuotesse fino al midollo. Tra le gambe c’è la mia figa che pulsa come un marchio bruciante. Godo di quegli sguardi segretamente furenti. Il cuore mi batte più forte. «Ti prego», sussurro a mia volta, prego qualcosa di vagamente corrotto e puro, solo al Tuo sguardo torno immobile e in un angolo remoto.

Tutto quello a cui riesco a pensare siete Te e lui, il suo tormento e la Tua eccitazione, una combinazione irresistibile.

«Hai una gran bella faccia», ripeti, lo accarezzi sulla guancia e io chiudo gli occhi.

«Saliamo», dici.

«Voglio che tu rimanga qui», aggiungi, rivolto a me con fare protettivo. Gli occhi mi si spalancano, «Signore…», sto per dire, ma le Tue braccia mi circondano. Mi interrompi.

«Dopo», concludi, mi si stringe lo stomaco. Sento le lacrime ingrossarmisi dentro, sono troppo eccitata.

Resto al mio posto e guardo verso l’alto della scala quando ti allontani.




(A Michael, Riccardo e Alex)