A Cuore Lacero
intestardirmi di falangi a pugno chiuso
di ferite a cuore lacero
tra versi a collo di bottiglia
e soffocarmi
o solamente istupidirmi
del bianco dei tuoi denti
e inginocchiarmi
sulle pieghe d’un vestito da buttare
sulla pelle
per le lune di riflesso che hai negli occhi
(direi di zuccheri filati a divenire
almeno
- se potessi raccontarli -
o forse intreccerei d’Arianna il filo
- ottenessi da un telaio le parole -
invece resto sola tra i miei sogni
nuda
e malamente a consolarmi)
ché ancora scrivo,
senza senso,
a scucirmi in virgole e poesia
mentre mi taglia il fiato
la tua bocca a dire “Poi…”
non alla mia
- non alla mia -
da imbambolarmi in echi di silenzio
o peggio
d’infinite voci dentro
a dissanguarmi in squarci di “Ti Amo”
senza morirmi
- mai -
(tu a me)
(A M., quando la bruma mi raggiunge)