Preghiera dell'Offerta
Guardala, non distogliere altrove i tuoi occhi, al di fuori d’una finestra che sbatte nel vento, nel sole rovente di luglio, d’un giorno qualunque. Guardala, osserva le forme di questa figura, di questa femmina viva accecata dal dubbio. Scrutala e cercane il bivio degli angoli bui che nasconde dietro lo sguardo boscoso d’un verde notturno.
Guardala e frugala!
Ammira fra le traverse d’una mente allo specchio la sua linea del viso, un ovale perfetto che richiama tensione, un quadro dipinto da un maestro del sesso. Prendila, pretendila tutta, tra i pensieri ove i vestiti si fanno di carta velina, dove le mani stringono anima e pelle senza chiedere permesso mai ad alcuno, e dove le dita sciolgono caldo come burro fin dentro le ossa così che ogni ansia emigri al deliquio.
Tienila questa donna confusa per le radici della sua incertezza, lungo i suoi argini aperti di fiume che svuotano voglie, inarrestabili slanci, perché lì troverai la strada per la sua incoscienza, prima che la coltre dei sensi ne offuschi il sentiero e non resti più nulla da guidare mansueto dove poi vuoi davvero che giunga.
Ti prego trattienila!
Non lasciare che s’eclissi da sola dentro il tramonto d’una ragione che nel desiderio s’annulla, non permettere che si spenga come una stella morente anche del suo ultimo lume. Catturala con il genio d’un’idea improvvisa nella trama della paura che la contorce sgomenta e che di potenza la costringe nei limiti di un’altrui pretesa, a lei sconosciuta, da Te al bisogno istruita.
Perdesse anche la più piccola piuma per volersi poi libera, lei continuerebbe a dirsi Tua, perché il volo dell’estasi vera è quel cielo che incontra quando oscilla sul margine, è quell’infinito che la trapassa assoluto quando il sangue le pulsa nelle vene dell’ansia, quando l’amore le dà quel sapore reale d’una lucida morte. Negasse assente in un filo di sogno d’esserti viva, lì dove le dimensioni dilatano e divengono vaghe, Tu lì mostrale l’unica ombra che deve inseguire, la Tua, il binario indicale dei suoi passi nel vuoto senza che lei sappia di curve rovinose a gomito o di tunnel stipati nel silenzio.
Tienila, non perderla! Per ogni parola Tu voglia stringerle in gola, come una catena di frasi ad anello, che dalla tua lingua scivolino e in spire ne avvolgano costrittive la mente, lei annegherà come una dannata allo Stige e sentirà l’anima furiosa divincolarsi da dentro. Spingila questa femmina in febbre, mentre pende al bivio, al confine scosceso della vertigine, mentre però è sciolta finalmente da ogni vincolo. Strappala dalle funi del presente che la legano tra la terra preoccupante e le nuvole d’un Nirvana ultraleggero, liberala dai timori attorcigliati al peso della sua coscienza, e poi ancora scuotila gettandola nel baratro del felice smarrimento.
Tienila, non lasciarla arretrare! Per ogni grido di frusta nell’aria sopprimerà il respiro, come una pietra ingoierà le urla in punta, che dalla sua lingua penderanno a foglia muta e resteranno sconcertate nell’attesa indefinita, nella frustrazione acuta d’un’emozione all’impotenza, fin quando le lacinie schianteranno inermi la voce e i nervi alla deriva del cuoio.
Colpiscila, ancora e ancora, se dovesse cedere al pianto che sotto l’impregna, pressala duro se il piacere indocile l’assale e la sua ribelle smania confinale di nuovo nel profondo, nella matrice madida che intanto s’apre, e conducila così ancora languida a contrarre il gemito in un rantolo di pura perdizione.
Non desiderasse altro che raggiungere l’apice del piacere non permesso, Tu ad ogni mugolio concedi solo alla frusta la tua forza. Non implorasse altro che rompere gli antri ancora intatti e offerti, le sue pieghe in porpora allora Tu percuoti e batti con la resistenza del solo Tuo buonsenso. Ti prego non lasciarla a varcare solitaria le porte aperte del sospirato Eden, se la sua sola vista t’alimenta e nutre d’innominabile potere, se la tua voglia cresce con le sue preghiere di rinuncia, con il suo lasciarsi andare in volo di farfalla verso un immaginario ignoto alla ragione.
Contemplala questa creatura rara, come se non vi fosse altra goccia di vita nel deserto dell’esistenza, tra le dure rocce delle ore sempre uguali e quotidiane. Dissetati alla fonte della sua vergogna infranta, assapora e sfamati della linfa copiosa che le sgorga dal cuore e da ogni bocca, mentre il desiderio le dilaga dentro tra le acque della sofferenza. Ti prego contienila se la sua totale abnegazione sempre più t’esalta, perché lei altro davvero non aspetta, altro davvero lei non chiede e come crisalide attende solo il suo tempo per volare.
Guardala, come mai ogni volta hai sperato di poter ambire a tanto!
Guardala e cogli il dondolio sommesso dei suoi pensieri e sensi che lontano, tra note sfuse ed appaganti, la trasportano dove solo Tu ora puoi raggiungerla, afferrarla, e ancora più in alto poi lanciarla, al di là della fragile materia, nello spazio inesplorato.
Riconoscine il delirio e godine partecipe, fatti onore del suo viaggio ineluttabile oltre il nulla. Prendila, prima che la voglia in fulmini le esploda oltre l’abisso d’un’agonia celeste, prima che lei anneghi nell’ebbrezza l’energia di tutte le sue scariche mentali e affoghi cerebrale nel dominio d’un orgasmo. Prendila e spalancala nell’oltre, fra i sensi tesi nell’unisono d’un grido, aprile la mente, l’anima e la carne, d’un affondo devastante che la squarci in un sol canto.
Scoprine leggera e smisurata la forza dell’abbandono all’altro, a Te, come quello d’un vulcano che alla terra succhia aria e infine scoppia.
Guardala, ti prego guardala, se ora a lei insieme più non trovi le parole a dire che anche Tu sei finalmente libero.
(A Michael e a me)