rabbia
la rabbia è un mostro che talora incontri.
si aggira tra piccoli gesti inappropriati, tra parole che si alzano di tono, che sono avvertimento di qualcosa che ancora non è successo.
però non aiuta rendersene conto.
hai imparato a gestirla la rabbia, o meglio, a sopportarne le conseguenze, quel senso di inspiegabile che resta dopo il placarsi della furia.
il problema è la tua lucidità, sei troppo consapevole del momento in cui la situazione monta, la senti mentre gonfia incontrollabili reazioni.
tu, assurdamente, rimani placida, troppo abituata a mantenere l’equilibrio, il controllo di te.
ti senti come se fossi una bilancia, cerchi ogni volta di alleggerire dei troppi pesi che si aggiungono, caricando a tua volta l’altro piatto con la forza che ci vuole.
una profonda calma interiore.
lo stato d’animo opposto a quello che intanto tu subisci.
sì, tu subisci.
e non c’è consenso.
guardi lui, ammutolita nello sguardo, mentre calcoli tutte le tue alternative, le tue fughe inconciliabili con la pace che vorresti tornasse presto.
ti arrendi, in un certo senso, e per il tempo che ci vuole, ad accettare tutto quello che non vorresti mai sentire.
tu, non sei una violenta, non sei una che reagisce, tu contempli le situazioni e ti regoli di conseguenza, tamponando le ferite.
sai che finirà, e quello sarà il momento più difficile.
ci vuole abilità, cautela, per alleviare fino a nascondere del tutto, fino ad annullare, il senso di colpa che dopo affligge lui.
e ci riesci.
poi ridete.
le sue parole cambiano e lui gongola di nuovo dolce tra le tue braccia aperte, nel perdono che è poi veramente solo ciò che aspetta.
non è mai l’ultima volta, anche se dice che lo è.
nega sempre l’esagerazione delle sue considerazioni.
ti incolpa della sua stessa incontrollabile follia.
ti incolpi della speranza che ti mantiene calma, dell’assurdità del tuo restargli al fianco.
ti incolpi eppure resti.
(A Gabriele)