10 gennaio 2006

KATIA




Non l’avevo mai incontrata, Katia era bella e dotata di quell’orgogliosa sicurezza che conquista a prima vista. Con tutta tranquillità stava mostrando a Diego il ricordo che quel pomeriggio le aveva lasciato. Strisciate rosso vivo sul suo seno. Katia le sfiorava con la punta delle dita. Chiedeva a Diego di sentire lui stesso, la pelle leggermente sollevata, le striature gonfie. Katia temeva che il ProDom da cui era stata, l’avesse colpita con troppa forza e che i segni questa volta le sarebbero rimasti.

Decisamente, una storia che convinceva poco, conoscevo l’uomo di cui parlava e non avevo alcun dubbio sulle sue capacità, per non dire della professionalità fuori discussione. Katia stava palesemente cercando un modo subdolo per avvicinarsi a Diego e lui, finto imbambolato per le ferite di quella gattina, l’assecondava per vedere fino a che punto si sarebbe spinta. Ne ero convinta, le avrebbe dato una lezione da non dimenticare, ma ciononostante ero infastidita e arrabbiata e gelosa.

Li ascoltavo, restando di spalle e frugando i loro movimenti attraverso lo specchio sulla parete di fronte.

Sentii Diego chiederle il perché di quell’incontro, quale bisogno l’avesse spinta a qualche ora di “emozione” a pagamento.

Katia rispose che era fuori dal giro da troppo tempo e assurdamente, adesso lo riconosceva, aveva pensato che rivolgersi ad un professionista per schiarirsi le idee le sarebbe stato più semplice, più gestibile interrompere il gioco qualora non le fosse sembrata accettabile nessun’altra alternativa. Aveva creduto di poter capire così, se era sempre la stessa donna di una volta, se era ancora capace di osare e fino a che punto.

Katia raccontò dell’incontro fortuito che solo il giorno prima aveva avuto con Sonia, la nostra geniale organizzatrice, dopo mesi che non ne aveva saputo più nulla. Sonia l’aveva subito invitata a quella serata e lei, emozionata, aveva preferito prepararsi prima di rivedere i vecchi amici. Aveva scelto di prepararsi a modo suo. Ma adesso non sapeva più se avesse fatto bene o male, era stata sicura di potersi “fidare”, in fondo si trattava di un professionista ed invece…

Senza dubbio una bella storiella, in parte vera pensavo, ma l’intento continuava ad essere un altro, con troppa evidenza.

Spudorata piccola vipera, la sua boria da innocentina davvero mi irritava, sentivo che con lei mi sarebbe riuscito incredibilmente facile switchare, o sì decisamente mi sarebbe piaciuto…

Dopo un po’, vidi Diego allontanarsi e dire a Katia di stare tranquilla, le avrebbe portato quello che ci voleva, il giusto preparato per mitigare il disagio delle abrasioni.

Seguii Diego con lo sguardo, lo vidi salire al piano di sopra e mi chiesi che cosa avesse in “mente”. Comodamente sul divano Katia si era seduta ed aspettava, con il volto radioso, sorrideva, credeva che tutto sarebbe andato esattamente come desiderava. Voleva Diego quella sera, ed era certa di riuscire nel suo intento.

Passò qualche minuto e Diego ritornò con un vasetto aperto di unguento. Il che mi stupì sulle prime, e mi avvelenò i pensieri con ancora maggiore veemenza. Non ci potevo credere, perché lo faceva? Era evidente che non fosse necessario. Katia recitava.

Diego le porse la “miracolosa” crema, di modo che lei potesse immergervi le dita e ricoprire le sue piccole incisioni. Katia eseguì prontamente senza pensare, era sicura, si “fidava” di Diego.

Anche se si incontravano raramente, con il tempo Katia si era comunque fatta un’idea precisa di Diego. Per questo l’aveva scelto, pensava di “poterci giocare” senza arrischiare le solite cattive sorprese.

Stupida puttanella indesiderata, sentivo il sangue affluirmi alle guance.

Diego le chiese se ne aveva delle altre, strisce rosse a raccontare minuti lunghi come ore. Katia fece scivolare la lunga zip dell’abito e, con finta noncuranza, sfilò completamente le maniche aderenti, lasciò arricciare tutto il tessuto giù sui fianchi. Le fremevano le mani per l’impazienza, non aspettava altro, l’ipocrita che invece si fingeva preoccupata ed ingenuamente intimorita.

“Sarà meglio che ti sdrai” le disse Diego, invitandola ad allungarsi sul divano. Katia l’aveva pregato di medicarla lui stesso, laddove lei da sola non sarebbe potuta arrivare. E così, vidi Diego indossare un paio di guanti in lattice, raccogliere l’oleoso composto e stenderlo con esasperante dovizia sulla sua schiena, sulle gambe, sul culo dove la furia sembrava in effetti essersi maggiormente accanita.

Diego carezzava con una tale dolcezza, che si sarebbe detto lui stesso l’artefice di quelle apparenti smagliature.

Io, silenziosamente in disparte, scuotevo assiduamente la testa - mi sfogavo come potevo -, detestavo la piega propizia presa da quella squallida messa in scena. Ma, mi ostinavo ad osservare Diego, le sue mani, il corpo di Katia che si offriva e veniva compiaciuto senza aver concesso nulla in cambio.

Riconoscevo il desiderio, lo sentivo farsi strada insieme con la rabbia, un languore triste mi si scioglieva dentro come una voglia solitaria. E’ che farmi del male mi piace, quindi insistevo e mi ostinavo a volerli guardare.

Udii Katia dire in tono divertito “sento pizzicare”, mentre Diego terminava quell’abbraccio liquido, surriscaldandolo dove opportuno affinché il composto le scivolasse tra le gambe aperte.

“Sta iniziando a fare effetto” rispose lui.

“Sentirai subito la differenza”, il suo tono di voce mi vibrò asciutto tra i pensieri.

E fu come raggiungere all’istante lo stato supremo della grazia. Mi si illuminò il volto, Diego sorrise e dallo specchio mi accorsi che mi stava guardando. Katia, rivolgendo a Diego in un attimo lo sguardo, precipitò con la stessa velocità prima nel dubbio e poi nel più muto sgomento. Avvampando per la vergogna, in uno slancio di sincera apprensione stavolta, realizzò sconvolta che tutto l’olio finora piacevolmente assorbito, presto le sarebbe diventato solo un tremendo e urticante e intollerabile e meritatissimo tormento.

Con una risata sonora, Diego le diede finalmente in risposta tutta la sua sadica conferma.





(A Diego)