26 aprile 2006

Equilibri

di Steve Johnston






Il cielo si apre con una luce stanca, un rosa velato vena il grigio spento.

E il vento non reprime il soffio, anche i germogli cadono a terra.

Non c’è nessuno. Eppure l’aria è gremita di suoni, di fruscii e bisbigli, di fini scalpiccii provenienti dal bosco. L’atmosfera non pazienta.

È il verde dei salici a riempire lo sfondo, e tra le piccole penombre dei rami piangenti, muovono i pensieri nascosti.

Una carrozzina, sul viale, solitaria.

Con il tettuccio abbassato e le grandi ruote a flettere i raggi, come immaginari soli. Non si capisce, ma in chiaroscuro, in silenzioso dondolio, un palloncino teso punta disperato il cielo.

Dedica l’ultimo saluto dal manubrio.

Nessun vagito, o tintinnio di sonaglino, nulla, nessuna mano di madre accorta a trattenere quel veicolo. Un palloncino, rosso, solo sente il vento. E tira.

Mentre piega la terra tra le ruote.

Imprevista, in apparenza, e la strada semplifica in discesa.

Negli equilibri troppo facili, per il piombo che carica la pioggia, con innocenza, tra le minute previsioni che cambiano i momenti, si può scivolare giù come una goccia d’acqua.

E trovare il carminio sul sentiero, se non si chiamasse morte bianca.

Un lungo volo d’amaranto, di un filo debole che affloscia, gira indistinti e grandi i cerchi, a chiudere il ciclo.