12 giugno 2006

Sono



Sono una donna che diresti difficile toccare. Una donna che se dice di essere indecisa conta i chiodi delle fondamenta prima di accettare.

La mia mente in assoluto deve fare la sua scelta. Solo così mi sento vinta,

dedicata e ripiegata su me stessa,

al punto di dire che il mio viaggio è dentro, veramente nella mia testa.

Io non mi nego.

Mai.

Se mi prometto, sono.

Tuttavia mi ritrovo spesso, a dirmi “insisti,

ancora non sei arrivata in fondo”. Io riparto continuamente alla scoperta di verità che mi penetrino l’intimo.

Da farmi male,

avvincermi.

Da farmi trovare faccia a faccia con la mia stessa ombra. Sempre in procinto

di provare una nuova via di fuga. Lo schianto a terra.

Con la voglia di rialzarmi,

per farlo e rifarlo ancora.

Sono l’esplorazione di me stessa, di ogni piega che mi cela,

sono l’espoliazione che mi rende vera. La privazione di ogni cosa,

il mio sottoSopra

è un pavimento da cui non mi sottraggo, in cui mi riconosco al caldo,

al sicuro come sotto una coperta.

Le mie pagine sono pagine di storia. Una precisa traccia,

nelle profondità della mia essenza. Una confessione perniciosa.

Di me.

Attraverso Lui.

Del Suo essermi scricchiolio di chiodi che si estraggono, una melodia,

così sottile e nebbioso da comprimermi il respiro

come una specie di garza. Un urlo

nelle vene. Senza fiato.

Una coltre fitta di nebbie.

Per l’impossibilità che sento, costantemente, di raggiungerlo,

se non lasciandomi soccombere in ginocchio. Se non restando sotto la coperta,

mentre lìquefo impotente,

e finalmente ottengo la ricompensa,

il non avere più desiderio di alzarmi, di sfogarmi in rabbia. D’ansia.

Io sono nell’intensità del polso che per Lui accelera, nell’ultimo spasmo

prima che la tensione mi abbandoni. Io sono la manipolazione,

orgogliosa e seducente,

di una scarificazione d’essenza, di una frenesia

che mi sottomette e da cui faccio fatica a scindermi,

perché mi attraversa e uccide, mi invade e taglia,

come una vibrazione l’aria, mi fa suono che si lacera,

lentamente,

scrittura che setaccia il sangue.

Sono una donna che per allontanarsi dalla fine protende nell’inseguimento,

d’un’arrendevolezza ogni volta più esigente.

Sono l’aprirsi nudo di ogni gèmito sul foglio, di ogni fessura che rabbrividisce il corpo nella vita.

Per toccarla.

Per arrenderla ostinata all’inappagabile certezza,

di Lui in me,

della Sua sadica audacia.

Sono una parte del puzzle, quella che rimane in silenzio, con la forza che si espande

mentre mi stringe un cappio il collo,

saldamente soddisfatto,

sinistro,

come un filo spinato. Ed io sento,

sono filo sottile ridotto a niente,

promessa che non desidera altro. Io sono

Sua.




(A Michael)