Ombre
Tentativo di forzare l’espressione.
Lui le ha proibito di lavarsi, perché anche il suo odore gli appartiene. Così, lei si porta appresso come un filo il lezzo di sudore, di piscio e di merda. Perché Lui controlla che il marchio di rifiuti rimanga lì dov’è, dove vuole che sia.
Gli piace che
Lui ci si tuffa in mezzo, con vigore e con ritmo così frenetico che giunge in breve tempo all’altro estremo. Lui, lì, si sente a casa Sua, tra
Lei,
attende solo che le allarghino l’occhiello.
Lui,
conosce ogni angolo del Suo giardino sempre aperto, sa che può grugnirvi e grufolarvi meglio che in qualunque altro. Lui deve pure usare ciò che gli appartiene, altrimenti cosa lo tiene a fare?
Lui scarica un mucchio di sperma, e la donna ha il compito di ripulire tutto per bene. Quello che non lecca, deve strofinarlo via.
Lui si toglie di dosso il resto dei vestiti e rimane a osservare la donna mentre lava e strofina, strizza e torce gli stracci. I seni pendono in avanti o ondeggiano in disordine, continuano a sfregare, mentre la donna rimette a nuovo ogni cosa. Lui deve stringerle necessariamente i capezzoli, tra il pollice, l’indice e il medio, girarli e rigirarli, come se volesse avvitarle per forza la carne al busto.
Mentre si piega, lei deve allargare le gambe in modo che Lui possa reggere in mano tutto il suo frutto. Si aspetta che la donna sia sempre pronta a fargliene offerta, come un’ostia, tenendo pronto per il suo Signore anche il resto del corpo. Lui muove le Sue dita con vera rabbia, le tira fuori e agguanta la donna.
Si pasce di lei e le morde i capezzoli, il Suo artiglio è sospeso su di lei come una punizione per essersi lasciata dilatare tanto facilmente i cunicoli e i tubi del suo corpo. Capite? Lei non sa il perché, per quanto lo assecondi cercando di non ostacolarlo, il suo Signore le farà rimettere comunque tutti i suoi peccati.
Poi, già che la donna ha spalancato le gambe, può ben mettersi in posizione e pisciargli davanti. Come, non ci riesce? Basta spingere un po’ il piede in su e colpire, abbastanza rumorosamente, quelle due morbide pezze che pendono e che immediatamente si apriranno dopo un lieve schiocco; è il momento in cui Lui batte sul tavolo il pugno e chiede.
Chiede.
Se la donna ancora non riesce a orinare, occorre afferrare i peli del suo sesso – qualora li avesse – e tirare verso il basso, finché lei, piegandosi sulle ginocchia, non si lasci cadere con il petto a terra. Poi, data un’occhiata furtiva, Lui le fa capire che è tempo, forzerà allo stremo i cardini. Quasi fosse un sacchetto della pattumiera, Lui le allarga la figa, tirandole i peli, e la modella sulla propria mano cospargendola spudoratamente dei suoi succhi.
Lui la rivolta a sé, armeggia con i suoi fianchi e si sente un guaito che sale dalle viscere. Lui spinge, come fosse un animale che volesse liberarsi a passo pesante dalla prigionia. Le Sue membra fremono, Lui dà tutto se stesso a lei. Curva, picchia con
Lei,
si apre, lascia passare il treno che si avvicina strepitando.
Lui,
urla di piacere, avvolto dalla voce della donna che lo prega.
Poi, dopo, la donna si coprirà con un velo fatto di calze, come per darsi alla fuga. Si coprirà e la trama le sembrerà facilmente rompibile – vedendosi riflessa –, nonché tanto più preziosa.
Preziosa.
(A M.)