21 giugno 2005

L'ANIMA LIBERA



Chiudo gli occhi e trovo il bagliore che cerco, dove la mia anima viva lascia dietro un’impronta.

E’ la pelle che acclama le ore, è il cuore che impazzisce al dolore e m’esclude alla gioia d’un sole che ora non vedo, né voglio, né aspetto.

Perché non chiedo che questo, una sofferenza che languida muoia quando più non si specchia in se stessa, quando una furia d’amore ne dilania i vortici e l’ombra.

Perché non chiedo nient’altro che una mano a tacermi la voce, e a farmi sentire più forte il grido che lacera dentro.

E poi non c’è nulla, se non una pioggia d’elettrica schicchera e una catena più lunga a cui offro le forme, quando una mano m’incanta con la paura che dura poi bestia la chiama.

Sembra passato il momento, quello puro in cui fremo, quello in cui il vuoto ha il suono di un eco, di un ricordo che torna e come un incubo mi lascia sconvolta. Sembra che fluttui questo spazio qui intorno, in cui ogni colore è quello del buio, in cui i rumori non concedono sonno. Sembra si perda il pensiero sul fondo e poi approdi più in alto, in cima a una rupe, davvero un passo all’abisso. Perché stride come un’elica rotta questa fune che gira per l’aria, e il desiderio mi frusta se sale in rimonta.

E tu mi chiami puttana, m’insulti mignotta, inginocchiandomi il cuore ai tuoi piedi che premono contro, dove la voglia da tempo ha annullato l’orgoglio. E’ che il piacere non chiede ragione quando il fuoco ne brucia le remore, quando la fiamma è un dolore, un’emozione che riscalda e permane.

Oddio quanto ti voglio, le mie labbra non s’asciugano al canto, in un sussulto chiamano e implorano di straziarle nel pianto. Oddio quanto ti voglio, queste catene non reggeranno per molto, non conterranno quest’urlo che mi sguaina il cuore, per fame e per sete, della mia rosa di more.

E tu non verrai, lo so, a questa pelle che strilla, lascerai colare da queste bocche il mio miele, da questi fiori l’onore, affinché io perda il ritegno d’appagarmi d’amore e chieda soltanto un contatto che conceda calore.

Perché la mia voglia è un riflesso della tua mente che guida e il desiderio reclama un padrone che sbrani gli slanci, le fughe e le ansie, d’una donna più donna che prima gode e poi pensa. Perché questa vita è una gabbia e ci tiene reclusi, c’imbraca di sogni, d’illusioni e di scelte che hanno solo il sapore d’un mondo fatto di niente.

Quindi ora légami stretta e conducimi là, dove la coscienza sta inerme dentro una nuvola bianca, dove l’anima è libera e finalmente poi vola. Là, dove è tutto quello che sembra e non c’è nessuna parvenza, nessuna falsa promessa, e questo è davvero quello che conta.



(A Michael)