ROSA DI MAGGIO
Chiudi piano la porta, lenta giri la chiave e lasci il mondo di fuori.
Ecco, adesso anche l’hai fatto, e come un gatto guardinga ancora tendi l’orecchio ad un passo che temi sia troppo vicino, allo sfaccendare di mamma che speri rimanga in cucina. Chissà se ha sentito? Chissà se si è accorta che sua figlia è rientrata e ha chiuso a chiave la porta? Che la sua bimba adorata ancora respira agitata nella sua cameretta in fondo alla casa? Chissà se anche solo ha capito, se silenziosa si è avvicinata furtiva e come una spia sta appostata nascosta dietro la porta? Chissà se ha sentito?
Resti di spalle appoggiata alla soglia come se volessi accertare del tutto, ancora per qualche momento, che non c’è davvero nessuno che ascolti, davvero nessuno che sappia quanto ti piaccia stare da sola, chiusa dentro una stanza. Il respiro intanto si calma, si unisce alle tue piccole cose, alle tue bambole belle, a quell’orso adagiato sul letto che già felice t’aspetta. Ma tu intanto desisti, tieni gli occhi più chiusi, e non tenti nemmeno un rumore, cosicché quell’incanto si prolunghi a piacere, si gonfi e s’inventi come una bolla al sapone, lontana da un eccessivo calore che veloce l’afferri, l’asciughi e la scoppi. Come quel rossore che improvviso ti sale, ti riempie, ti sboccia sul viso come una rosa nei primi di maggio, perché non c’è più niente davvero che poi lo possa impedire, nemmeno la mamma che bussa alla porta e ti chiede che fai. Allora, ancora resti immobile e aspetti, resisti impaziente per esser sicura che mamma non venga, che ancora ti creda sulla strada di casa all’uscita da scuola, mentre invece già da qualche minuto sei rintanata in camera tua e sei tutta da sola.
L’importante è che il mondo di fuori si fermi e frivolo ignori la meraviglia che vive, fra queste pareti turchine di fiori, fra questi giochi di legno e cartone che per numero e tipo raccontano poche le primavere degli anni che porti. I tuoi quindici, solo.
L’importante è che scenda il silenzio d’intorno, così che si svegli quel mondo di sogno, che lasci in disparte quaderni e cartella poiché ora davvero non trovano posto né problemi né temi ma solo pensieri di morbidi cieli e di mari più mossi, tra le onde delle tue piccole mani. Perché il pensiero sa prendere forma, è una fantasia che cerca sostanza, dentro un disegno a pastelli e matita che traccia i contorni a una piccola donna e ne scopre gli spazi più vuoti e perfetti per portarci il calore, il colore del cuore, d’un desiderio già intenso che cresce e galleggia, innocente, mentre l’esplori.
Ed ora che importa? Ora che dondoli lenta a cavalluccio sul letto, se anche mamma chiamasse alla porta, ora che culli d’amore convinto quell’orsacchiotto dal nasino a biscotto tra le candide cosce, sotto il vestitino di lana. Ora che lo preghi e lo premi più forte perché ti porti d’un fiume nel mare che ingrossa, che t’anima d’onde quel corallo più rosa e quella perla preziosa che gelosa nascondi. Ora che importa se anche sapesse? Se vedesse sua figlia già in camera sola, dove felice trastulla il suo amichetto del cuore, il suo orso di stoffa che dorme con lei, che ogni giorno l’aspetta quando torna da scuola. Ora che importa?
Muovi lenta e rimandi, indugiando i pensieri, i tesori che trovi lungo la strada del sole, dalla valle fin sopra sul monte; là, dove l’amore ti chiede ancora ed ancora più amore. E’ un concerto di sogni che s’apre e s’allarga tra fiabe di cerchi, di linee in più punti, finite e riprese da dita incantate che cercano il fine, l’origine ingenua, di tanto piacere che avvolge e travolge come un canto continuo di sirene lontane, allorché invitano candide quel nasino a biscotto come un veliero all’approdo a premervi contro, lì, sul bordo nascosto di quell’isolotto che c’è. E la strada la trovi la percorri la sali e poi, estenuata d’amore, contenta la scendi sbarrando quegli occhi di sale e di mare all’arrivo, stupita del mondo che inventi come se una magia ti si fosse svelata, non essere altro che dentro di te.
Sospiri con gioia. Parole di scusa già pensi per mamma che ancora t’aspetta ed ancora ci crede che quelle guance purpuree, da rosa di maggio, siano dovute alla corsa per colmare il ritardo del ritorno da scuola, poiché poi davvero sta un poco lontana.
E dopo subito corri - speravo - sopra il mio letto, vicino nella camera accanto, e del sogno racconti il miracolo e il mare sulle cui onde con ali d’amore ancora ti sentivi volare.