03 ottobre 2005

CONSEGUENZE


Si ferma. Aspetta e impercettibilmente freme, con penose scosse, sulla punta dei piedi.

Attende quell’incontro troppo tardo ed umilmente, con le mani giunte, riceve lo sguardo inquieto che la raggiunge. L’ansia che prova le allaga al viso con un colore rosso vivo, così incredibilmente violento da richiederle un sorriso teso… di malcelata colpa, al punto che tra i loro occhi la confessione già si recita: lei non parla, ma solo rimane ad ascoltare ogni Sua parola, scandisce tutte le virgole delle sue pause, si rimette alla coerenza del suo stesso biasimo, sente l’assuefazione del suo indulgere gentile. E dopo, cede convulsamente al pianto.

- Smettila!

- …non ci riesco…

Il singhiozzo, soffocante come un pugno, distintamente si diffonde agli orecchi dei presenti.

Si aggrava la levità di quella festa ancora inanimata, fatalmente si avvelena con le lacrime della sua umiliazione, degradante più per la fermezza distaccata di Lui che per l’indecoroso sopraggiungere della dichiarata bieca punizione.

Senza abbassare lo sguardo, lei ora rivela ad ognuno il respiro di quel tradimento che l’ha condotta nuda, ed in ginocchio, davanti ad un cane che ora la fissa negli occhi. Un cane che ora non vede, disorientata nel profondo. Confusa dall’andarsene di Lui dalla scena.

Lui che è sempre presente, dacché lei è Sua…

- Michael…

Il Suo nome ora le percorre il sangue.

Ma avrebbe dovuto sentirlo prima, adesso è troppo tardi: è colpevole d’aver completamente offerto se stessa ad un altro, e non ad uno qualunque per un’innocua smania di sesso, ma ad un Uomo che poteva imbrigliarle la mente, navigarle il cuore e conquistarle l’anima. Un desiderio pericoloso. Un’emozione inaccettabile.

Lei ora comprende. Osserva il grosso cane che ha davanti e cerca di capacitarsi. Quell’imposizione la sconvolge. L’atto in se addirittura le risulta impensabile. Sconcertante. Lei continua a ripetersi:

- Non lo farò mai! Mai!

Come assorta, con indefinibile automatismo, dissociata mentalmente, comunque inizia ad avvicinarsi all’enorme alano, a carponi, e quasi ne tocca il pelo, nero, lucente, e così setoso.

E’ una bella bestia, pensa.

Ma, - ed è convinta che il tempo non cambierà mai la sensazione - la sua sopportazione all’istante vacilla inesorabile e verte disastrosamente sul totale disgusto di se stessa. Nella sua mente monta fulminea la nausea d’un contatto eventuale o, peggio, l’aberrazione tormentosa nel tempo di quell’atto depravato e che - in ragione - considera immorale. Non si lascerà scopare da un cane, mai, nemmeno per Lui.

Non trova coscienza nella Sua pretesa. Con tacita rabbia e subdola vendetta, Lui l’ha posta al bivio insopportabile d’accettare la sua sorte infame o di tenersi lontana per sempre anche dalla Sua sola vista.

Intanto il cane si fa curioso e l’annusa, alzando le zampe la sovrasta in modo inquietante - oltre l’altezza delle spalle - e così quasi la domina, la fiuta, le lecca invadentemente il viso; ed è quello l’attimo scioccante, in cui sente il cuore pulsarle all’impazzata e il panico renderla madida. Il pelo morbido dell’animale le sfiora la pelle esposta, su un seno, a un fianco, all’esterno d’una coscia; e mentre interessata la bestia le gira intorno, ferma ed inginocchiata a terra lei sta sbigottita sulla vertigine sofferta della sua volontà indecisa. Poi:

- Avanti cagna piega la faccia a terra. Non sarà difficile. Il cucciolo è ben addestrato e, sai, è tanto che non si fa una passera umana.

Ride. Malignamente. Un bastardo che lei non conosce. Probabilmente il padrone del cane. E si convince che Michael gli abbia lasciato le redini di quel gioco empio.

Lei sente la coscienza inorridire, e a quella voce sconosciuta, velenosa la repulsione riempirle la pelle ed atterrirla.

Ma ciononostante resta immobile, come una penitente prostrata alla preghiera; invece d’alzarsi e senza pensare correre via.

Lei respira affannosamente per l’ansia della decisione che le preme.

Si assilla sui limiti del consenso, sull’assenza di Lui in quel momento che la fa vacillare intensamente per la paura che perduri, per sempre. Lei ora riflette:

- Non dovrei essere qui. Stavolta mi tirerò indietro, e pagherò il prezzo - carissimo - dell’impazienza che mi ha portato a soddisfare altrove i miei bisogni: oggi io lo perderò. Mi rendo conto che con astuta risoluzione Lui mi ha indotto con i suoi tempi ad una scelta. Alla fine, sottilmente, senza rimedio, mi ha fatto sentire il peso della colpa, l’inevitabile rottura che tra noi comporta, e l’inammissibile evenienza d’una qualche assoluzione. Il mio rifiuto è già stato calcolato, è una Sua premeditata decisione. Lui ha manipolato la mia mente anche stavolta. L’ultima.

Tutti intorno, tra amici e sconosciuti, stanno in attesa del suo animale amplesso: chi, per empatia, con la stessa sua contrizione dentro gli occhi e chi, con debosciata indifferenza, invece l’incita a dare inizio alla ferina danza. Ma lei è inebetita, nemmeno vede la sua ombra adesso che, inerme, le indugia nelle vene la fine d’una storia voluta oltre i limiti dell’ultimo respiro, combattuta all’estremo del confine quotidiano.

Non c’è niente che non rifarebbe. Asseconderebbe adesso come allora quella follia che, per ogni attimo che ha richiesto, le ha gonfiato il cuore con l’unica vita che desidera ancora. Una vita inconsueta, sostenuta dai voli liberi dell’anima. Ora muta e agonizzante, come il latrato di quel cane che l’indugia; ora, mentre lei ha coscienza d’aver tarpato di sua scelta quelle amate ali, d’averne sperduto l’adorata linfa che l’accese, fino a sentirla morire dentro, lentamente.

- Non lo farò!

- Non penso proprio tu abbia riflettuto a suff…

- E’ fuori discussione!

La sua voce ferma, svincolata dalle pastoie che la legavano a Lui, le sue parole troppo dure, violente contro la severità del tono estraneo che l’esorta, lei non le sente neppure!

Attonita, guarda il luogo in cui si trova e cerca il suolo su cui poggiare nuovamente i piedi e, allo stesso tempo, indefinito, percepisce il nulla, non si accorge neanche dei suoi movimenti. E’ sola in quel baratro che non offre appiglio.

Si alza, cammina, s’allontana…

… - Pensaci! Vale la pena rinunciare a tutto? A te stessa in fondo! A l’altra te che ti chiama dentro, quella che ti ha spinto fino a questo momento. Rifletti!

Ma è solo l’eco d’una voce mai sentita: i suoi passi sono già distanti, ormai decisi, pienamente consapevoli che Lui, inappellabile, in fondo non esigeva altro. Lui sapeva: lei non si sarebbe mai lasciata avvicinare, da chi fosse incapace di decidere.

- Non devi preoccuparti, ti piacerà!

Quante volte aveva trovato la verità in quelle parole; quante volte aveva sorpreso la sua stessa perversione ad alimentare il fuoco di se stessa.

- Devi riconciliare i tuoi istinti con i tuoi valori…

E quante volte aveva oltrepassato i limiti assecondando quel semplice pensiero; aveva goduto delle sue stesse indomite paure; aveva scoperto armonie dove non credeva ce ne fossero; ma adesso sentiva solo lo strazio convulso della sua mente stanca e, con lei, il rifiuto macerante della sua carne troppo offesa.

- E’ finita!

- Game over.

Percorre la sala fin dove ha riposto gli abiti, li recupera, lì si veste in fretta, e con in mano il suo guinzaglio - che le resta - volge veloce verso l’uscita.

La porta si apre, il suo cuore perde battiti.

Il dolore è sordo, e come una diga quando è rotta ora la svuota; e bruciano le lacrime, aride come isole asciutte.

Lei non ha la freddezza per rendersi conto, davvero del tutto, delle conseguenze di stare tra il disprezzo di farsi più bestia d’un cane ed il peso insostenibile della rinuncia a Lui. Solo il tempo le darà ragione, e nella solitudine dell’anima informe - lei sa - non recriminerà mai le cicatrici lasciate dal suo desiderio.

Il tempo passa, e le cose cambiano. Alcune…




(A Michael, in memoria d’un ottobre)