SE VUOI TE LO DICO
Se vuoi te lo dico, sei proprio un bastardo.
Mi porti alla festa tutta contenta, mi strucchi la faccia e mi sfili la gonna, e come se non fosse la neve a cadere a gelare dovunque, mi dici adesso fatti una corsa, avanti bambina ubbidisci, varca la porta e cammina per strada.
Ti pare normale che a Natale una donna se ne vada nuda lungo una strada, mentre i bambini cantano al cielo e le coppie si stringono e si danno la mano. Ti pare normale? Perché dovrei farlo?
Perché dovrei rischiare l’onore e la pelle? E se qualcuno mi vede e mi acchiappa? Se qualcuno si azzarda a toccarmi? Se un pazzo è venuto alla festa? Se qualcuno riesce e mi scatta una foto? E se poi finisce che mi ammalo sul serio o se, peggio, qualcuno davvero poi vuole farmi la festa?
Sei matto, che dici? Lo sai che ti adoro, lo sai che ti ho scelto perché sai usarmi ma con eleganza e rispetto.
Ecco, dai, dimmi che scherzi. Scherzi? Dai, che scemo. Io rido.
Dimmi che scherzi. Scherzi?
Sei vuoi te lo dico, sei proprio un bastardo.
Mi guardi come se non avessi alcun volto, come se l’amore tra noi non ci fosse mai stato, senza una ragione da dire affinché trovi comunque un suo senso.
Mi guardi, ostile e seccato, mentre fai per girarmi le spalle e forse tenermi lontano.
Mi guardi un attimo solo e ti volti, lasciando a me la scelta di spezzare sul cuore le ali e il bisogno.
Così lo faccio, senza sentire la folla che grida, perdendo la strada nel suono di una radio che canta. Così lo faccio, senza voltarmi un istante, senza sapere se mi segui da dietro o se sono da sola tra la gente che guarda e che ride.
Così lo faccio, e subito sento l’ebbrezza di un volo lontano, di un cielo che mi guarda dall’alto e mi illumina, come se altri non ci fossero intorno.
Così lo faccio, e sento il cuore che batte e mi scalda come fosse un rifugio, un’ultima chance tra la fuga e il delirio.
Così lo faccio, anche se un uomo mi ferma e mi chiede dov’è che poi vado così conciata da troia, se voglio una mano per stare più calda.
Così lo faccio, cammino e svolto tra le vie concitate, dove la festa è una bolgia che diventa una piaga, se qualcuno m’intruppa e mi blocca, per darmi coscienza che sono nuda e sono in mezzo a una strada, mentre nevica e gela.
Così lo faccio, passo davanti alle Signore perbene, che si scandalizzano a modo o fanno il segno di croce, mi urlano contro o pregano dio che qualcuno mi prenda, mi porti lontano e mi faccia sparire.
Così lo faccio, mentre ragazzini esaltati mi tirano addosso noccioline e popcorn, ridendo a gola sguaiata, con smorfie perverse, loro crudeli per gioco.
Così lo faccio e poi piango, allarmando mamme e papà che tirano via dalla strada gli amati fanciulli, i loro occhi troppo innocenti per una donna che non conosce ritegno.
Così lo faccio e non penso, se non a mettere un piede avanti ad un altro, a non incrociare lo sguardo di alcuno, a trovare un punto in cui dire “ok, ora basta”, sul serio mi fermo.
Così lo faccio, continuo e mi volto, capisco che non so se riuscirò a trovare un approdo, perché l’ansia ora sale ed io non trovo il ritorno, solo il buio che scende seppure sia il pieno del giorno.
Così lo faccio e poi tremo, per quel volere più grande che mi si apre dal centro alle gambe, dalla testa sconvolta ed oscena che teme ma gode, di quei passi che sciano l’onda della mia sottomissione.
Così lo faccio, per te lo faccio, finché ti incontro e m’avvolgi in un abbraccio d’orgoglio, il mio, ora ad un passo dalla radio che canta, nella mia testa ora mentre mi baci, sfilando il cappotto e portandomi via.
Se vuoi te lo dico, sei proprio un bastardo ed è per questo che ti amo.
Anche per questo.
(A Michael)