07 giugno 2006

In my Mind



Durante questi giorni, ho visto le mie reazioni cambiare velocemente, è cresciuto il silenzio, la paura, il bisogno, il desiderio. La mia mente si è persa nel ricordo.

Nell’attesa.

Il richiamo di quest’isolamento è ipnotico, mentale più che fisico, e quindi potente, intrigante, pericoloso.

La mia parte oscura continuamente vìola il muro di confine e mi viene incontro, sembra una guerra sensuale, così brutale, dolce.

Mi domando cosa penserà Lui adesso, cosa starà facendo?

Non ho modo di saperlo, non c’è risposta, e la mia mente s’istiga alla trasgressione.

La mia apprensione volge in eccitazione, ed è questo che Lui vuole, Lui lo sa: io non posso non pensarlo. Sono ansiosamente in attesa, troppo sul chi vive per distrarmi.

Cerco con ogni mezzo di contenermi, ma un calore irresistibile mi sta ghermendo il ventre. Io ho voglia.

Io lo desidero.

Io ho voglia di Lui più di quello che ora possa permettermi.

La mia coscienza va arrendendosi, lo sento. Perché nella mia mente è sempre Lui che sceglie.

Lui sa che mi è impossibile non pensarci. Lui vuole che impazzisca immobile: le mani sul punto di toccarmi. Io mi cerco, mi sfioro, mi blocco, mi allontano, ritorno.

L’ordine è: “Bambina so, vorrai di più e te lo darò, ma non prima che sia tempo.

Vorrai lasciarti andare, tu sai, ma non osare farti male. Bambina…

non godere!”

Ma il desiderio è un male impietoso, spinge alla deriva, richiama all’obbedienza, ed io lo sento, Lui me lo dà e me lo toglie. Per la mia voglia non c’è tregua.

Sono infiniti i quadri che l’eccitazione mi compone davanti agli occhi. Per un attimo ho una mano fra le gambe e un eccesso di scenari si sussegue e quasi mi stordisce.

Io mi confondo, mi agito, smanio. La mia mente e le mie dita sono il Suo stesso intrigo.

Il desiderio mi persuade, mi incatena alla sua ruota, mi ripete esattamente le emozioni. Io le rivivo più e più volte, nella stessa scena, ripensandoci.

Io lo sento dentro. Lui.

Lui mi riempie. Lui fotte la mia mente.

Lui scivola con lo sguardo sul mio corpo, Lui struscia la mia pelle, ed è il cuoio che l’accende. Lui mi ammanetta al muro, io obbedisco, gli infilo la mia testa fra le cosce. Io taccio, ascolto, con la presa delle labbra stringo la cerniera e scendo. Io sono il cane al Suo guinzaglio, il gèmito imbrigliato sotto la gonna scesa alle ginocchia. Io sono lo strascico sudato, l’inerme e disarticolato movimento mentre la corda mi circonda, mi costringe le caviglie dolorosamente ai polsi.

Io mi tocco, cedo, forse un attimo, perché lo so non posso, ma annuisco. Ed è un fiume che mi prende il cuore, dalla mente al ventre, non si placa, scorre. Maliziosamente immagini su immagini mi si accavallano, mi danno il piacere di vederlo. Di sentirlo. Di dirmi Sua.

Lui mi sta fottendo la mente.

Come pensarci senza perdere il controllo? Come desiderarlo senza eccitarmi?

Oddio quanto vorrei godere adesso.

Poi sento la sua voce, furente, un’alterazione nella testa, proprio mentre dico ora mi lascio andare, e una valanga d’ansia mi blocca il fiato, Lui m’interrompe nell’ansimare, io muoio dalla voglia.

Lui mi controlla. Lui è il desiderio che mi smania sottopelle.

Allora io prendo a coccolarmi, parlo da sola e dico, “sono con Te, non mi permetto. Sarò docile, sarò un cucciolo, te lo prometto”. Io non ho che una possibilità, ubbidire naturalmente.

Anche se i pensieri non mi danno tregua, io mi vedo in posizioni articolate, con Lui ancora inginocchiata o muta mentre sento che mi fruga, con la bacchetta tesa, con la Sua forbice di dita, Lui mi ispeziona. Lui mi batte, io lo sento, mentre ad occhi aperti è pioggia, Lui mi viene in faccia, ed io non posso che ingoiare, tenace, tutto quello che la mia mente non prosciuga.

Ma io trattengo, stringo dentro. Per Lui. Anche se brucia.

Senza che una sola goccia vada persa.

Perché io mi faccio lago nell’attesa.

Io sono sabbia mobile che aspetta.




(A Michael)