Bisogno
Non sono riuscita a controllarmi.
“Voglio di più” mi diceva la mente.
Così sono tornata indietro nel passato e mi sono lasciata andare, e lì mi ha sfiorato l’incertezza.
All’improvviso mi sono ritrovata ingenua.
Il fatto è che un ricordo se non sbianca la cornice, resta un muro da varcare con estrema cura.
Almeno lo si sapesse prima.
Pensare a Didi mi ha caricata di tensione. In ogni parola ho rivissuto quel momento, ho rabbrividito per l’angoscia, e non ne sono uscita indenne. Ho finito involontariamente per divincolarmi.
L’aria si è profusa d’ansia. Il dolore è stato penetrante.
Si è fatto rabbia.
Il ricordo mi è ricaduto addosso, ed io abbandonato il mio controllo.
Io, che non sono mai stata capace di tenere a bada le emozioni.
Io che ogniqualvolta riconosco a qualche cosa d’essere importante, le concedo il diritto di umiliarmi. Mi impedisco di muovermi, facilito il potere su di me.
Ed è così, da sempre, anche con il dolore. Come non dotarlo d’importanza?
Il dolore interiore sa prendere possesso, sa infiammarmi al suo bisogno. Perché prima che io prenda dal dolore quello che voglio, sono io che devo dargli ciò che desidera.
La mia resa.
Io sono cosciente di bloccarmi davanti alla mia incapacità di prevalere sull’emotività. Mi blocco e il dolore che sento mi castiga. Il suo è un dominio contro cui io non ho la forza.
E Michael è l’unico che riesce ad anteporre la sua volontà alla mia, a quella del dolore stesso. Lui ne è Il Padrone, riconoscerne la superiorità mi dà conforto.
Con Lui ritorno ad essere bambina. Lui sa ridurmi in lacrime, mi fa supplicare più indulgenza, senza minimamente mai considerare la richiesta.
Con Michael non ho bisogno di infliggermi dolore, per recuperare il controllo della sofferenza ben più grande che dentro mi consuma.
Lui accarezza la mia parte oscura, latente, l’accoglie e la fa Sua, e tutto quello che fino a quel momento avrei detto umiliazione, con Lui mi sopraffa in un modo straordinariamente dolce, mi dà un piacere mai provato prima.
Michael mi ha addestrata con pazienza, con determinazione, Lui mi ha delimitato il confine del bisogno, ed ha posto la mia resistenza a Suo piacere.
Ripensare a Didi è stato lacerante. E con la Sua assenza in questi giorni ho finito d’incupirmi.
Così ora sento la sofferenza irrigidirmi, mentre l’inconscio si profila spaventoso, dilagando e ossessionandomi, mi intima d’implorare d’esserne liberata.
Adesso sono solo una bambina che aspetta la mano del Padrone per sentirsi più sicura. Ora vorrei che mi colpisse forte, ripetutamente, e che ogni colpo fosse intenso più del precedente, più bruciante. Vorrei che mi battesse, piegata sulle sue ginocchia, sottomessa alla sua sola mano. Vorrei che il dolore che mi tengo dentro salisse in superficie, vorrei provarne il senso della liberazione.
Vorrei riuscire a piangerne la colpa, per la mia debolezza davanti all’emozione. E alla fine strofinarmi contro la Sua mano che mi batte, e sentirmi viva, ritrovando il mio controllo.
Quando io mi arrendo, non al dolore, ma a Lui, io poi mi sento meglio.
Sempre.
Cede la mia riluttanza ed io ritrovo l’equilibrio.
Così vorrei affiorasse adesso questa sofferenza, perché io non riesco a contenerla.
Mi manca l’aria, io annaspo.
Vorrei vederla a galla la mia pena del ricordo, mentre mi colora il corpo, mentre mi brucia e mi riporta in vita, fino a scomparire, con i giorni o con le ore, non lasciando indietro alcuna traccia, se non il bello del sollievo per una ferita che guarisce.
Perché la sofferenza, quando la si apprezza, conduce all’acquiescenza, alla passione fiera che insegna ad accettarsi, ad accettare il mondo.
Ora Lui non è qui, ma non importa, comunque io lo sento dentro.
Prima di partire mi ha ordinato di non infliggermi da sola sofferenze.
Mi ha proibito l’autolesionismo.
Il palliativo di un riscatto.
E il suo volere mi risuona in mente perentorio e fermo.
L’astinenza che mi impone, alza la soglia della mia tolleranza, Lui si pone al di sopra della mia stessa urgenza, dell’intensità che ora mi arde dentro.
Ed io lo amo, il controllo che ha sul mio dolore, è lì che Lui detiene il mio piacere. La sua è una presa salda, da cui non posso pensare di sottrarmi, perché mi dà la forza.
Lui mi completa.