14 aprile 2005

GUARDAMI



Il velo di seta, carezzato alle gambe,

il velluto evidente, ammirami ora,

lungo la strada che segue, e mi prende.

Ad ogni passo, il mio corpo

lusinga in lussuria. In questo incedere

è l’ignavia che guida, e dunque ancora:

lucenti alla luna, così in splendore,

le mie gambe sì tèndo, sì lente,

al gioco, all’inebrio dello sguardo tuo

e la mia posa non cede, ma cambia

e la mia posa non cede, ma cambia

ancora e ancora, sotto i tuoi occhi

accavallo le gambe, guardale

con la tua voglia veemente, ma allenta

per qualche attimo a-n-c-o-r-a, la presa

che mi trattiene, nella smania insistente

del desiderio, che pretende ogni piega

delle mie calze di seta, che mi sfiora

sempre più a fondo, dentro lo sguardo tuo.

Afferrati all’ombra, del buio che tocca

ogni mia mossa, e tieniti allora e stringi

quella tua mano, che più altro non chiede,

se non nuove danze che, di ritmi e taciti gesti

mi resti il rimpianto, di un sospiro tuo ultimo.




(A Luigi)