GUARDAMI
Il velo di seta, carezzato alle gambe,
il velluto evidente, ammirami ora,
lungo la strada che segue, e mi prende.
Ad ogni passo, il mio corpo
lusinga in lussuria. In questo incedere
è l’ignavia che guida, e dunque ancora:
lucenti alla luna, così in splendore,
le mie gambe sì tèndo, sì lente,
al gioco, all’inebrio dello sguardo tuo
e la mia posa non cede, ma cambia
e la mia posa non cede, ma cambia
ancora e ancora, sotto i tuoi occhi
accavallo le gambe, guardale
con la tua voglia veemente, ma allenta
per qualche attimo a-n-c-o-r-a, la presa
che mi trattiene, nella smania insistente
del desiderio, che pretende ogni piega
delle mie calze di seta, che mi sfiora
sempre più a fondo, dentro lo sguardo tuo.
Afferrati all’ombra, del buio che tocca
ogni mia mossa, e tieniti allora e stringi
quella tua mano, che più altro non chiede,
se non nuove danze che, di ritmi e taciti gesti
mi resti il rimpianto, di un sospiro tuo ultimo.
(A Luigi)