16 agosto 2005

La FAVOLA della FORMICA


L'immagine è di Markus Richter


La Formica era pronta.

Incedeva lenta ed elegante.

Come sempre, non si soffermava tra gli sciami degli insetti intenti ad accalappiarsi qualche residuo di boccone rimasto nei dintorni.

Procedeva sicura.

Con fierezza.

Agiva ogni volta di notte, al tramonto o alla sera, e non si muoveva mai per il suo scopo in pieno giorno.

Avanzava - monoginica - come l’unica Regina del marciapiede, ed andava dritta e determinata per la sua direzione.

Lei, non chiedeva mai.

Prendeva, rubava e… silenziosa si sfamava.

Lei rapiva.

Con le spalle larghe e la testa bruna, anche quella sera procedeva eretta; pronta a tendere le antenne e a captare la sua dolce preda.

Le spine terminanti sulla schiena le stavano tese ed appuntite, mentre i nodini strizzati sul torace le consentivano quell’andatura accorta ed inquietante.

Procedette sciolta finché individuò una giovanissima, già tramortita, ad un angolo di strada, ferma e immobile, con le zampe ripiegate.

La poveretta, presa di sorpresa, iniziò ad agitarsi spaventata; svelta-svelta cominciò a raccogliere le forze, e, tenacemente, con violenza, cercò di ribellarsi sottraendosi alla sua incombente prigionia.

Fuggì.

O almeno ci provò.

La Soldatessa reagì rabbiosa: inarcò l’addome sopra la testa e nel timor panico atterrì la sua prescelta, inducendola a restare paralizzata in quella appetibile condizione.

L’Amazzone insorgeva aggressiva, incattivendosi sul corpo esanime dell’altra mordeva da strapparne la carne con le mandibole a sciabola potenti ed affilate; coordinava con estrema precisione i movimenti, come eletta d’una casta superiore si muoveva spietata e combattiva, Dominante, incutendo paura.

Agile e veloce sferrava imprevedibili attacchi dal basso e - si sarebbe detto - con la potenza d’una intera falange; sfiancava finché l’indocile vittima non rimaneva - prima del poi - bloccata a terra, resa inerme, e contorta nel dolore.

Lei, Signora dell’arte della guerra, atterriva minacciosa mostrando l’aculeo appuntito che dietro nascondeva.

La sua inimmaginabile spada, la sua più temibile arma.

E catturata la preda - ancora una piccola larva nella vita - la trascinava fino al suo nido nascosto, scavato in una fessura, al buio dentro un muro, e lì con ferocia la feriva.

Ma senza ucciderla.

Volendo addestrare la prigioniera a suoi servigi per la vita.

Lì, era Lei la Padrona e la reclusa la Sua giovane schiava.





(A tutti gli umili che nascondono grandi potenzialità)