13 febbraio 2007

Al limite


di Jesus Coll


Auto-analisi critico-paranoica? O auto-analisi critico-cosciente? Verità relativa del vedersi? O verità effettiva del pensiero di sé?

Io, osservandomi di specchio, riconosco “una me”.

Il vero viaggio di una me non consiste nel provare nuove esperienze, ma nell’avere nuovi occhi. L’obbiettivo finale, al limite, è inoltrarsi per ritrovare occhi che sappiano guardarsi profondamente e del tutto.

Il limite – è noto – è sinonimo di confine, di frontiera estrema, è luogo fisico e psichico dove giungere per avere la cognizione che si è percorso un viaggio e si è arrivati al punto in cui ci si chiede se proseguire oppure bastarci di ciò che si è raggiunto. Il limite. Il limite è confine e specchio dove stare a sentire ebbrezza e lividi come manifestazione di vitalità espressa. Il limite è sfida, è coraggio di nuova coscienza. Il limite è nel dubbio del non conosciuto prima del giungere di altra consapevolezza, esaltante ma temuta, per scoprirsi ancora. Il limite è l’abisso dove liberare la precarietà intuita precipitandovi le avvisaglie del cambiamento. Una me sfiora il limite ogni volta che si abbandona al senso e avverte l’armonizzazione di pulsioni, paure e sentimenti. Il limite per una me è addentrarsi nella primordialità della natura inconscia, è il buco nero che le si apre dentro e la sorprende ogni volta viva e femmina.

Nel sentire di una me non c’è solo ricerca e bilanciamento di istinti e limiti, c’è la scoperta di un’attrazione immensa per il proprio essere “se stessa”. C’è l’analisi della coscienza e dello stupore che si rivela nell’associazione delle dinamiche mentali con le sensazioni della carne: coinvolgimenti, stimoli e smarrimenti.

È evidente la filosofia vitale che conduce il corpo ad essere espressione strumentale che si mostra e si carica delle cromie di un bisogno prima di tutto cerebrale.

Il corpo diviene metafora del turbamento e quindi caos creativo. E nel caos si evidenzia la catarsi che spinge una me a scrivere. Descrivendosi per Lui, Michael, il suo stesso Limite.

La scrittura racchiude un messaggio diretto come gli svolgimenti all’apparenza inspiegabili, ma prevedibili, che costituiscono la struttura primaria dell’inconscio: il dolore diviene orgasmo, il piacere agonia, il Legame l’Unione sul confine. Al Limite.

Ed è l’incompiutezza, la perfezione che permea una me e ogni parola, costretta all’infinito a rimettersi in gioco ogni volta, e ogni volta pronta a morire di fronte al Limite nella lotta che impotente non può vincere. Una me è schiava, presente a se stessa, schiava d’Amore dentro un circolo vizioso che non si chiude ma si manifesta in tormento.

Una me tenta di raccontare la sua storia, e “seppure ognuno ne percepisce una trama diversa”, la morale è una per tutti: al Limite c’è l’inoltrarsi nel viaggio per ritrovare occhi che sappiano guardarsi profondamente e del tutto. Nella completezza del piacere – dolore di una esistenza.




(A Michael, my inner Key)