02 marzo 2007

Mind - fucking


di Anton Paplov


Avevo la mente confusa, per il modo in cui le Tue mani e la Tua presenza continuavano a farmi sentire diversa, ma prima che potessi trovare una risposta, mi sono ritrovata travolta.

(Grazie…).




Non vedevo l’ora di uscire, oscillare sui fianchi e infilare le dita nella calda fessura dove le perle danzavano fulgide.

Appena dietro i miei lobi.

Continuavo a indugiare sui grani come da lì a poco, sapevo, Tu avresti fatto con me. Sentirli ruotare tra le mie dita mi dava piacere. Era stimolante.

Giocavo con loro come Tu avresti “giocherellato” con me.

Poi, prima ancora che potessi registrarne l’attrito, mi premesti K. addosso. Lei si strusciava, si torceva, si perdeva in rumori che avrei detto lucidi. Si stringeva ossessionatamente il Tuo sesso al petto.

E, mentre il suo corpo e il modo in cui ondeggiava traboccavano di piacere e di impazienza, in un modo che non saprei dire, pensai: non mi sono mai sentita “usare” così.

C’era sempre la stessa determinazione, la stessa intensità animale, ma non ero più sicura di ricevere la stessa accortezza con cui le Tue mani mi avevano sempre maneggiata.

Il mio corpo era solo un corpo, in una stanza buia, calda, pigiato tra un altro corpo e un muro.

C’era una parte di me che sentivo ignorata, lo splendore che mi animava dentro non trovava nessuno per cui sfoggiarsi.

L’anomalìa emotiva che mi ruotava in testa, mi disorientava, mi spaventava, non mi faceva sentire considerata.

Non mi era mai successo con Te. Non c’è mai stata nessuna esitazione.

Ma in quel momento la Tua voce mi giungeva diversa, le Tue mani mi afferravano senza soffermarsi mai. Il cuore me lo diceva, seppure la mia fiducia restasse sempre intatta.

Mi toccavi, mi prendevi, mi parlavi, ma mi ignoravi. La mia mente faticava a registrare, e tuttavia non potevo negare di essere eccitata. Il fatto che si trattasse di Te continuava a farmi sentire ugualmente speciale. Il calore del Tuo corpo e di quello di K. mi rendevano già fervida e disponibile.

Finché non mi sentii soffocare, quando le Tue mani mi spinsero a terra, lasciandomi cadere senza riguardi.

Provai un disagio incalcolabile, mentre giacevo lì, dimenticata, ascoltando i vostri gemiti e i frammenti di un discorso sottovoce che percepivo appena.

Aspettai, ancorandomi al come ti sapevo da sempre, ma sentii ugualmente la gioia tramutare in un impeto d’angoscia.

Stimolata nonostante tutto, mi ritrovai vulnerabile sotto il profumo dei vestiti dove mi avevi lasciata stesa.

Non riuscivo a capire.

Non riuscivo a decidere se fossi triste, delusa o arrabbiata, mi sentivo esclusa.

Ero sospesa su quel pavimento, nella stretta di quel maglione, di quei pantaloni e di quelle calze, sotto la gonna di K., sotto le sue mutande. Mi mancava l’aria, ma aspettai ancora.

Mi facesti salire carponi sul letto, mentre K. mormorava debolmente qualche parola di protesta. Protesta che i Tuoi occhi disciolsero abbracciandola silenziosamente, acutizzando uno spasmo nei miei sensi.

Ero sconvolta, e non per ciò che accadeva, ma per quello che mi smuoveva dentro. Mi impressionava la posizione che occupavo tra voi, mancava l’armonia dentro di me. Continuavi a farmi ciondolare davanti a lei come un ninnolo antico e il Tuo sguardo, fermo di fronte al suo, ignorò me per tutto il tempo. Spietatamente. Spezzandomi.

Perché ero senza difese con Te, nuda e squarciabile come un cristallo troppo leggero. Sotto troppa tensione.

Mi sarei rotta di sicuro e la mia essenza si sarebbe dispersa in quella stanza se non si fosse trattato proprio di Te.

K. rideva, faceva scorrere i suoi piedi sul mio corpo, si dedicava a strisciarli su e giù tra le mie natiche, passava sulla mia schiena, sui miei capelli, sul mio volto, la sentii premere contro l’ano forzandosi a entrare, finché cominciò a scalciarmi sul posteriore. I suoi piedi mi colpivano come piccoli paddles, e non fu certo per il non dolore che mi mancò qualcosa in quel darti piacere.

Mi mortificava.

Ero nauseata.

Mi sentivo abusare l’anima.

Tu, a cui disperatamente cercavo di arrivare, sicura che riconoscessi il mio stato d’animo, non ti lasciasti commuovere.

Sorridesti a lei. Annientando me. Indifferentemente mostrando di non farti scrupoli.

Ti adoravo, ma al tempo stesso in quel momento mi squarciò il dolore.

Da qualche parte dentro di me continuavo a sentire un rumore di vetri rotti, così scesi in quel luogo oscuro dove stagnavano la vergogna e l’abbandono: K. spingeva il suo piede nella mia bocca e io non riuscivo più a sentire. Un attimo alla volta, persi il bagliore dell’intimità che con Te c’era sempre stata. Mi sentii opaca e smunta come una perla vecchia. Stipata dentro la mia angoscia, un mondo infernale fatto di dubbio e di consunzione distruttiva. Mi vidi appesa a un filo, debolissimo, e ricordandomi che il restarvi unita dipendeva comunque anche da me, violentemente me ne strappai.

Mi rivoltai.

Con tutto l’abbandono e l’oscurità perfetta che eri stato capace di far scendere dentro di me, insorsi. Mi ribellai. Reagii.

Fu visibile come il segno vistoso e sottile lasciato dal legno, mostrai sul viso il nulla che era passato sopra di me, intorno a me, dentro di me, per tutto quel tempo in cui ti avevo atteso.

Scaturì la mia sofferenza. Me la strappasti fuori. Appositamente. Lasciandomi dimenare, inveire, vomitare le mie stesse devote parole.

Mi riducesti ringhiante e fui feroce.

Con Te.

Con K..

Affilai la lingua e sputai il veleno che non sapevo di avere. Rigettai la mia frustrazione. Il rancore che pareva avermi riempito e non riuscii, davvero, a rendermi conto quand’è che l’avessi deposto così a fondo.

Volevi che fossi tutta me, tutta.

Volevi che rinunciassi al mio riguardo nei Tuoi confronti, volevi che oltrepassassi il nostro legame, il mio amore, volevi che ti mostrassi il male e la sua bellezza, la sofferenza che mi aveva rinchiusa e resa ruvida, fredda e cinica con gli altri. Volevi la vitrea intensità che mi era rimasta dentro, impossibile da distinguere nel dolore.

Paradossalmente avevi così eluso la mia paura a perderti, abbassando ulteriormente le mie difese.

Lo provocasti intenzionalmente quello spasmo nella mia mente.

Volevi la mia delicata fragilità, volevi me da togliermi il fiato, volevi risucchiarmi il sangue, mio malgrado, riconoscendomi un’aura di spontaneità che esulasse i miei naturali rituali di difesa.

Era necessario, mi volevi Tua.

Tutta.

Così mi ascoltasti senza replicare, non tentasti nemmeno di difenderti, aspettasti che si compiesse quel nulla che mi ghermiva ancora, finché rimasi vuota e piansi.

K. non osò più ridere e mi guardò trasfigurata, con una dolcezza e con un’umiltà che arretrarono la mia rabbia.

Tu entrasti con i Tuoi occhi nei miei e mi mostrasti allora tutto il Tuo orgoglio. Per me. Con un infrangibile messaggio in bottiglia, mi permettesti di berne lunghi sorsi.

Mi aggrappai letteralmente a Te e solo allora capii, vidi la luce folgorarmi. Sentii il calore del Tuo sguardo che portava via tutta quella sofferenza e riconobbi l’argento vivo in cui mi avevi fusa. Ti venerai in quello stesso istante. La mia vita si ripresentò fulgida come la perla più splendente.

Immensamente sorrisi.

“Mi conosci così bene…”, dissi, e abbassai lo sguardo. Mi avevi resa nuovamente leggera come il vento, spalancata al Tuo orizzonte, nuda e rivestita di una ricchezza che non sapeva esaurirsi.

Mi avevi svuotata, presa, ribaltata, azzardando tutto.

E mi stringesti poi, abbattendo inesorabilmente le porte che erano state aperte dall’angoscia.

Mi stringesti, forte da segnarmi dentro, mentre K. stava scivolando via dalla stanza, lasciando a noi bruciare quel liquore che aveva finito per velare con avidità la nostra pelle.



(A Michael)

7 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Si..e'cosi'Gemini.
E'cosi'.
Morte e Resurrezione.
Per Amore.
In Lui.

Jun..(Nel Cuore.

10:37 PM  
Blogger SchiavaD'Amore said...

è starsi dentro Bimba, a fondo. grazie, v.

4:30 PM  
Anonymous Anonimo said...

capovolgimento prospettico.
esemplare.
ma vedi, Lui, alla fine ti stava aspettando per raccoglierti più viva che mai.
terribile quando perdi la fiducia, il vuoto, allora, è davvero soltanto vuoto.

4:10 PM  
Blogger SchiavaD'Amore said...

Cara D. è proprio così, senza la fiducia nell’oscurità non c’è luce. Ma non è la fiducia che è venuta meno, mai, non ho mai dato a Michael nessuna responsabilità per le mie azioni. Nemmeno nei primi mesi di totale silenzio. Ogni cosa è stata una mia scelta. Intenzionalmente auto-lesionista a volte. Intenzionalmente per non approdare a nulla, tranne che pensare a me e alla via da percorrere.
Sono state l’inquietudine che mi contraddistingue, l’incertezza degli eventi che limitavano la mia slavery, la ricerca esasperante che ho avviato – in qualche modo – , e la necessità di darmi tempo, ha creare dentro di me il vuoto. Le domande. È stato un periodo difficile, sofferto e cupo, ma di crescita.
Resto quella che sono anche in Sua assenza D., mi è chiaro più che mai. Sono stata una schiava senza collare, se vuoi, perché schiava di ciò che sono, quello che mi spinge a scavare e a esplorare e a andare oltre non ha finito di esistere. Fa parte di me a prescindere. Ho affastellato emozioni le une sulle altre, sensazioni irriconoscibili certi giorni, tanto da farmi perdere di vista la me più vera.
Avevo bisogno di abbattere me stessa per esaurire l’impeto che contenevo e per farlo dovevo staccarmi dal prima. Era necessario, era il mio percorso. Poi Michael ha avuto la straordinaria capacità di guardarmi attraverso, di rompermi, più in profondità di quanto ogni volta penso sia possibile ma accade, e così lasciare che ogni ferita auto-inferta e voluta e inconscia prendesse a scorrere. Si mostrasse. Si desse a Lui come non aspettavo altro.
Lui mi scopre ogni volta D. ed è l’unico a cui mi sento di dire sono Tua prima che mia, l’unico che stringe la mia mente in una morsa da cui non voglio né posso allontanarmi. Lui anticipa i miei stessi pensieri ed io non posso che adorarlo per come mi fa sentire. Per come è, per quello che siamo.
Ciao dolce D. e grazie, v.

8:17 PM  
Anonymous Anonimo said...

so perfettamente, perchè ti leggo e ti sento, che non hai mai perso la fiducia.
e ne comprendo anche la ragione.
parlavo di me e di quello che, nonostante tutto, è e sarà sempre il mio Signore. L'Unico.
Desidero farti una domanda, se vorrai rispondermi te ne sarò grata.
Lui ti bacia?
Ti bacia in bocca, dentro la bocca?
Scusami, ma sarei felice di saperlo.
grazie.
D

1:02 PM  
Blogger SchiavaD'Amore said...

Sì D., mi bacia, ma può anche non farlo, posso anche essere solo un buco se crede.
Avverto il dolore nella tua domanda, immenso. Ma ascolta tesoro, confrontarsi è importante, solo che non esiste Il modello perfetto, ognuno è a sé: diverso. La Luce e la Forza sono dentro di te, non altrove. Se hai sentito lui il perché lo sai, hai tu già la risposta ed è nella tua convinzione anche la consapevolezza che lui ti sappia ascoltare. E se è così sai che lui conosce il tuo bisogno, i tuoi tempi, il luogo dove vuole portarti, sai che può condurti oltre la tua stessa esigenza.
Ti stringo, v.

9:46 PM  
Anonymous Anonimo said...

ogni storia è a sè, percorsi differenti, lo so bene.
così come so che conoscere le storie altrui aiuta a decifrare la propria.
ti ringrazio, v., per la risposta e per la comprensione.
ti abbraccio forte, felice della tua felicità che, so anche questo, non può essere mai completa se non in brevi istanti, eterni.
D

9:25 AM  

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